Quali strategie per l’Edera/Necessità di incidere sulla pubblica opinione

Oggi ci serve una progettualità complessiva

di Saverio Collura

In questi ultimi giorni, sollecitato dalle riflessioni di alcuni repubblicani apparsi sulla rete internet e sulla "Voce" on-line, mi sono soffermato a riflettere se la mia pertinacia nel sostenere la centralità della costituente repubblicana, liberal-democratica come progetto e percorso del movimento repubblicano per imprimere una svolta al sistema politico italiano, e nel contempo per far ritrovare le energie vitali ed un nuovo ruolo significativo al Pri, che nell’immaginario collettivo sembrano essere evaporati, fosse una chimera, o peggio ancora una fuga nel vuoto.

Da ultimo, ieri, Paolo Arsena con un intervento molto articolato sulla "Voce", sorvolo sull’estesa analisi da politologo (vezzo nel quale, devo riconoscerlo, incorro spesso anche io), afferma sostanzialmente che il Pri ha tante carte da giocare "tranne una: la costituente liberaldemocratica. Un asso calato male, valso come il due di picche". A parte il fatto ludico che il due di picche, nel gioco della canasta, è una pinella (una carta molto importante), egli aggiunge ancora che "la costituente… richiama l’eco politichese del passato. Una formula tra l’altro disgiunta da una collocazione politica". Voglio, però, dare atto ad Arsena che finalmente ha rimosso il "mantra" (termine che lui in realtà utilizza per invitarci a demitizzare la costituente) del Polo di centro, e richiama la proficua opera di aggiornamento e sviluppo programmatico dispiegata dal partito in questi tempi recenti.

Tutto ciò premesso, devo constatare che Arsena, sostanzialmente (chiedo scusa anticipatamente se ho mal compreso), ritiene che il Pri, rinverdito, aggiornato, ringiovanito nella dirigenza (dato questo certamente importante) debba rintanarsi nel suo recinto di partito di minoranza, anche se illuminato e sempre attento ai problemi del paese; nel contempo (egli aggiunge) vedere come ritagliarsi uno spazio (piccolo, o grande, a piacere) di alleanze e di collaborazioni. Ma io chiedo: con chi? Vista la spietata e negativa analisi che lui riserva ai principali partiti dell’attuale geografia politica nazionale. Non vorrei che perdessimo di vista una considerazione semplice e nel contempo vitale per un partito di minoranza: nel contesto sociale in cui viviamo non c’è futuro per le piccole forze che non sanno immaginare ambiziosi progetti. Questa è stata la peculiarità passata e deve essere quella futura del Pri. Il movimento repubblicano si è sempre caratterizzato in questo senso. Basti ricordare la pregiudiziale istituzionale repubblicana durante la Resistenza nel definire il futuro dell’Italia del dopoguerra; o con l’obiettivo di un’Italia europea, occidentale industriale, lontana dalle tentazioni protezionistiche e conservatrici (l’idea di Ugo La Malfa). La nostra missione (al di là dell’enfatizzazione del termine) deve quindi essere quella di poter incidere, non sopravvivere, sulla grave situazione di crisi complessiva nella quale oggi è immersa l’Italia; con la prospettiva non ancora definitivamente allontanata di poter ripiombare nel pericolo dell’involuzione democratica, istituzionale, politica, economica e sociale. Per far questo non basta più un partito di minoranza, ma serve un soggetto politico che sappia coniugare contestualmente la forza delle sue idealità, della sua cultura politica, con una marcata indicazione di progettualità complessiva, che solo la costituente repubblicana liberaldemocratica può imprimere nell’opinione pubblica attuale, distratta e disattenta e per questo facilmente condizionabile e condizionata da impulsi emotivi, per non dire irrazionali: come avvenuto in questo ultimo quindicennio.

Non penso di dover spendere ulteriori considerazioni sul progetto sul quale ho ripetutamente richiamato l’attenzione dei repubblicani, perché si è detto tanto che non farei altro che ripetere.